CAFFE’ DEC
22 Maggio 2024
Il disordine informativo, la cattiva informazione, può arrivare a minare i diritti fondamentali dell’individuo. Ma può purtroppo arrivare anche a ledere la coesione della società e la tenuta democratica dell’ordinamento”.
Lo spiega il professor Giovanni Cinà, docente di Diritto comparato all’Università di Padova, ospite della trasmissione di Delta Radio Caffè Dec in collaborazione con il Cur di Rovigo, intervistato sul tema dell’informazione ed in particolare delle cosiddette “bufale”.
Cosa possiamo dire rispetto alla misinformazione, alle bufale che corrono su internet?
“Propaganda, menzogne, complotti, dicerie, bufale, fake news sono tutti fenomeni che sono stati sicuramente amplificati dalla rete – spiega Cinà ai microfoni di Delta Radio – Possiamo riunirli tutti sotto un cappello comune che alcuni hanno chiamato disordine informativo”.
Ce ne sono in particolare di tre tipologie, di questi disordini informativi.
“Misinformazione, disinformazione, malainformazione. Possiamo immaginare questi tre profili come collocati su uno spettro dove ad una estremità c’è il mentire, e all’altra il nuocere - continua Cinà - A una estremità c’è la misinformazione dove c’è la volontà di mentire senza la volontà di nuocere. E in questo spazio troviamo le bufale, le catene di Sant’Antonio, i clickbait, la satira, la parodia, i meme. Sono contenuti creati e diffusi la cui falsità non è in discussione, sono stati creati per inquinare il dibattito. A metà si colloca la disinformazione dove c’è la menzogna creata con la volontà di nuocere. Si tratta di contenuti falsi deliberatamente creati per colpire individui, gruppi sociali, istituzioni persino Stati. Parliamo ad esempio di contestualizzazioni inappropriate, oppure di parificazioni inappropriate. Mettere sullo stesso piano argomentazioni che in realtà non potrebbero essere sullo stesso piano come per esempio mettere sullo stesso piano chi sostiene che la terra è piatta e chi sostiene che la terra sia tonda. Non si può creare un dibattito tra l’uno e l’altro, chiaramente. Sono contenuti che vogliono mettere in risalto le differenze politiche, nazionali etniche razziali religiose che entrano nel dibattito pubblico diventano fatti e si creano capri espiatori e su quelli si alimentano pregiudizi”.
Dunque, forte è la responsabilità anche di chi le diffonde, perché, si diceva, vi è la volontà di nuocere…
“Certo, c’è modo e modo di dare una notizia. E arriviamo alla malainformazione: ne parliamo quando si nuoce senza neppure il bisogno di mentire. Non è rilevante proprio la veridicità dell’informazione. Pensiamo alle fughe di notizie riservate, alla diffusione di dati privati senza il consenso del proprietario, al revenge porn, ai discorsi d’odio. La volontà di nuocere prescinde dalla menzogna. Tutte queste categorie poi si possono fondere tra loro. Come ad esempio la misinformazione, quel contenuto creato per nuocere poi può essere diffuso da persone inconsapevoli che in realtà volevano dare un beneficio come ad esempio i primi consigli per proteggersi dal Covid diffusi in rete”.
Quando l’immagine di interesse pubblico supera il diritto alla privacy della persona?
“Qui si deve parlare dei requisiti della notizia per essere tale: deve essere di interesse pubblico, deve essere esposta in maniera adeguata e deve essere vera. Quando sono rispettati questi requisiti ecco che la privacy del singolo può soccombere all’interesse della collettività. Il disordine informativo può arrivare a minare i diritti fondamentali dell’individuo. Ma anche arrivare a ledere la coesione della società e la tenuta democratica dell’ordinamento. Questi fenomeni generano il tutti contro tutti, alimentano l’odio”.
Come difendersi?
“Ricordare sempre che quello che è illegale nella vita reale lo è anche in rete. È giusto trovare una tutela giuridica per potersi difendere anche da quello che succede nella vita virtuale”.
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