IL SALOTTO
31 Gennaio 2025
Spulciando nella rete, alla ricerca di una citazione che potesse riassumere un po’ il senso dell’ultimo Salotto che ho avuto l’onore di ospitare con protagonista la poesia, mi sono imbattuto in un ragionamento fatto da Greta Rosanna Bellamacina, giovane attrice, regista e poetessa inglese. Di chiare origini italiane. E penso che Stefano Dal Bianco e Luca Rizzatello, poeti protagonisti del nostro “Salotto”, non se ne avranno a male se la cito.
“There’s something more punk about poetry now” dice Bellamacina in una intervista a Vouge, e aggiunge. “With spoken word, it lives in pubs, bars, music venues and online. It’s a part of popular culture again. I’m always trying to find unexpected places for it to live and for new people to wander into it”. Parafrasando, in questi anni la poesia secondo Bellamacina sta assumendo un tocco punk, basta pensare alla forma orale, che ormai trova spazio in pub, bar, locali musicali e anche sul web, rientrando così a pieno titolo nella cultura popolare. “Cerco costantemente luoghi insoliti dove portarla, sperando che chiunque possa scoprirla e sentirsi libero di esplorarla” conclude. Dal Bianco, poeta padovano vincitore del Premio Strega della Poesia 2024 con il suo “Paradiso”, e Rizzatello, poeta rodigino, ma bolognese d’adozione, hanno scelto di parlare di poesia al tempo dei social. “O giù di lì” come ha sottolineato Dal Bianco. Contrapponendo la tradizione dei grandi autori e delle poesie nei libri ai social che, oggi, espongono i versi a una dimensione “istantanea”. Fra i post pubblicitari scorrono componimenti brevi, spesso confezionati graficamente per attirare like. “Instant poetry” è il termine che si usa in rete: pillole poetiche di qualche verso, ben adattate al formato quadrato o rettangolare dei post. Un fenomeno che, come faceva notare Rizzatello, fa sì che la poesia goda di un’inedita “visibilità di massa”. Ma ciò che funziona sui social non sempre regge la prova di un libro cartaceo, pensato invece per durare nel tempo e costruire un discorso complesso. Eppure, come sottolineava Dal Bianco, il libro di poesia resiste: “Più in forma debole rispetto a prima, ma ancora vivo”. Con l’avvento del digitale, è cambiata inoltre la percezione della fruizione: un verso troppo lungo può “sballare” il layout del post, finendo spezzato per poi stravolgere la forma metrico-ritmica. Non solo: molti giovani compongono direttamente sul cellulare, perdendo l’abitudine a un uso ragionato della punteggiatura. Dal Bianco però evidenzia un effetto positivo: il “boom di poesia” online si riflette anche in un nuovo desiderio di “presenza” agli happening. Il pubblico della poesia, che per decenni era considerato quasi sparito, adesso si mostra più curioso. Una fame di performance che si aggancia al ritorno della dimensione orale, forse una delle radici più autentiche dell’arte poetica. Il tema dell’oralità è emerso come centrale. Una poesia, ricorda Dal Bianco citando la grande lezione di Franco Fortini, deve “reggere” anche letta ad alta voce con un accento diverso: se funziona, vuol dire che il testo ha un’anima profonda. Aggiunge Rizzatello: “In un poetry slam, ad esempio, spesso domina la dimensione performativa, con effetti scenici forti. Ma, al di fuori di quel contesto, i testi talvolta perdono di spessore”.
E’ qui che si innesta un’altra riflessione: la poesia come intrattenimento (da slam o stand-up poetry) può essere un’esperienza vivace, aggregativa, talora però lontana dal concetto di libro. Più interessante, forse, quando la performance risulta coerente con la voce personale dell’autore, quella voce “interiore” – e insieme “appoggiata alla tradizione” – che trasformi un verso in qualcosa di unico e incisivo. La conferma l’ha data Dal Bianco, che ha dettato al cellulare molte delle poesie di Paradiso durante le passeggiate col cane. Un metodo quasi “artigianale” per far coincidere l’intonazione reale con la scrittura. Un traguardo non scontato, poiché, come spiegava Rizzatello, “ciascun poeta insegue per anni quell’allineamento tra la propria identità e la lingua dei versi”. E’ un processo di maturazione in cui spesso la scrittura si semplifica, si alleggerisce di orpelli e diventa più autentica. Parlare di futuro della poesia è forse azzardato: la poesia è un atto umano radicato profondamente. Tuttavia, la forma-libro e la circolazione in cartaceo si stanno rimodulando alla luce delle nuove tecnologie. La piccola editoria digitale, come ricorda Rizzatello, dà spazio a nuovi autori e nuove collane: il problema rimane la distribuzione e il raggiungere i lettori. I social, in questo contesto, possono essere un trampolino o un labirinto di contenuti: c’è chi si autocensura con strani caratteri per aggirare filtri e divieti, chi si promuove con strategie da influencer, chi fa poesia di qualità e chi, invece, gioca solo sulla visibilità. D’altronde, la soglia di attenzione è bassa e la competizione molto alta. “Più poesia”, quindi, potrebbe voler dire, come afferma Dal Bianco, una maggiore possibilità di ascolto e di confronto. Forse sta proprio qui il senso di questa metamorfosi: aprirsi al pubblico - fisico o digitale - significa mettere alla prova i testi, cercare la propria voce e, allo stesso tempo, tenere viva la tradizione. Come ha fatto Dal Bianco in questi versi (da Paradiso) che fanno esplodere quella complessità del sentimento umano davanti alle immagini più semplici: “Per quanto sia vero che in alto sulla perpendicolare / quella stella che si staglia / potrebbe facilmente essere la nostra, / è di sicuro sbagliato guardare / alla punta del cipresso / come a qualcosa che indichi qualcosa: / se lo facciamo è per un filo di fiducia / stasera in tutto quanto ci sovrasta / e non si lascia indovinare / ma resta fisso nella lontananza / che non si può indicare”.
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