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VISIONI

"Acqua, aria e intelligenza artificiale nelle corde del violoncello"

"Acqua, aria e intelligenza artificiale nelle corde del violoncello"

Non so perché ma quando Mario Brunello ha evocato il suono dell’acqua di una piccola fontana come il primo al quale corre la sua mente quando chiude gli occhi, mi è venuta in mente una sequenza di Fantasia, il film di animazione della Disney. Per la precisione “Dance of the sugar plum fairy” dalle musiche del balletto “The Nutcracker” di Tchaikovsky, dove la Fata confetto danza sfiorando le acque di uno stagno. Una suggestione, forse, visto che un giovanissimo Brunello, nativo di Castelfranco Veneto, col suo violoncello vinse nel 1986 proprio il Concorso internazionale Tchaikovsky, il più prestigioso tra i premi legati alla musica classica. A ricordarlo Luigi Puxeddu, violoncellista pure lui, docente al conservatorio “Venezze”, protagonista con Brunello del Salotto di “Visioni”. E se per Brunello è il suono dell’acqua che gocciola nelle piccole fontane di paese quel simbolo di vita che ritorna con insistenza nel suo pensiero, e che ne richiama l’infanzia trascorsa a Segusino, per Puxeddu è il mare. Ma pure l’attacco del Concerto per violoncello di Schumann, quella nota iniziale che tuttora gli provoca un brivido. L’acqua per entrambi è simbolo di vita e la musica un flusso in cui immergersi. Brunello la descrive quasi come un ambiente amniotico in cui il compositore si ritira per creare, o meglio “far vibrare l’aria”. Un concetto sul quale torneranno poi. A dispetto dei tanti viaggi e delle esperienze internazionali di entrambi i musicisti, Brunello come solista e Puxeddu nella ensemble I Solisti Veneti, c’è un sottile filo che lega entrambe le esperienze, quello dell’incontro umano e culturale ogni volta che si affronta un nuovo palco. Più intima e solitaria, però, l’esperienza di Brunello, che confida: “Rimanere a casa, immergersi in una nuova partitura, può essere più appagante di qualunque volo intercontinentale”. E’ proprio da questo ragionamento parte quel bivio nella musica che il violoncellista della Marca immagina per il futuro. Lui che ha messo in scena uno dei progetti più visionari degli ultimi tempi, grazie alla collaborazione con Vinicio Capossela: “Pensavo fosse Bach”, un “cubo” trasparente sul palco per rappresentare la polifonia di Bach, che con le sue sei composizioni “fa vivere un’intera vita a noi violoncellisti”. Il “la”, è il caso di dirlo, arriva infatti dalla riflessione sullo sviluppo e la crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale. “Quando vedevo i giovani partecipare alle masterclass – racconta Brunello - tante cose che venivano insegnate, le avevano già imparate da soli su YouTube: forse sarà l’intelligenza artificiale lo strumento che ci permetterà di governare le infinite possibilità che la tecnologia dà alla musica. Però a questo punto c’è da chiedersi di quale musica si stia parlando: quella che fa vibrare l’aria o i numeri dentro a un chip? Probabilmente è qui che si dividerà il mondo, ci saranno grandi musicisti che sapranno organizzare i numeri e altri che si ‘accontenteranno’ di far vibrare, ancora, l’aria”. Di certo l’aria la continuerà a far vibrare il festival Rovigo Cello City, ideato proprio da Puxeddu nel 2014. E lo farà perché la provincia di Rovigo è una terra dove la tradizione musicale è di casa, ospitando due conservatori, il Venezze e il Buzzolla, avendo dato ai natali a uno dei maestri liutai più famosi al mondo, Montagnana, di Lendinara. Per questo il festival col violoncello protagonista, dal “nome graffiante e moderno” sottolinea Brunello, è il punto di partenza per regalare una dimensione diversa di Rovigo. “Vuol dire che l’aria a Rovigo è buona per la musica” conclude Brunello. Ancora l’aria… non resta che farla vibrare.

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